Nella attuale civiltà consumistica , nella civiltà dell’uomo robot, dei nuovi linguaggi, quale può essere la sorte della poesia? Le risposte potrebbero essere molte. La poesia è l’arte tecnicamente alla portata di tutti: basta un foglio di carta e una matita e il gioco è fatto diventando, così, manufatto soggetto alle leggi del gusto e della moda.
Si è tenuto presso il Teatro Italo Argentino di Agnone con l’organizzazione del Centro Studi Alto Molise “Luigi Gamberale”, la presentazione del libro ‘Dalla lirica al discorso poetico’ Storia della poesia italiana (1945-2010) di Giorgio Linguaglossa critico letterario militante e non accademico dal temperamento schietto, poeta , narratore, traduttore, saggista.
Un lavoro che è il risultato di trent’anni di studi e di riflessioni sulla poesia italiana del Novecento. Uno strumento utile per capire qual’è l’eredità che il Novecento lascia alla poesia italiana, le profonde modificazioni subite dalla forma-poesia nel corso di questi ultimi 65 anni e le sue possibilità di sviluppo per il futuro. La ‘Storia della poesia italiana dal 1945 al 2010’ contribuisce alla liberazione della letteratura molisana dal ghetto di provincia arcadico-bucolica dell’impero mediatico e dal diffuso pregiudizio da parte della critica italiana di una letteratura molisana contemporanea che sotto il profilo nazionale sarebbe ancora ferma a Francesco Jovine
‘La storia della poesia è in parallelo con la storia della nostra Repubblica. L’Italia alla fine del ‘900 si è assestata su uno standard sociale definito piccola borghesia.Dagli anni ’70 fino ai giorni nostri la poesia ne ha risentito di questo referente sociale. E’ stata colonizzata dalle Istituzioni e invece di cambiare il Paese, è stato il Paese a cambiare lei, subendo , così, un processo di degenerazione a partire da Montale’. ‘ Questo libro è un’accusa alla poesia per essersi assestata a piccoli privilegi parassitari’. ‘ Angelo Maria Ripellino, poeta, letterato, assetato di cultura mondiale, libero nelle sue scelte di poeti e scrittori fu messo a tacere. Ripellino con la sua trilogia degli anni Settanta, introdusse nella poesia italiana una novità assoluta: la poesia modernista, grazie alla sua frequentazione della poesia europea dell’est di cui fu estimatore e impareggiabile traduttore, cosi come Helle Busacca per la sua cruda violenza verbale e la sua predilezione della poesia a matrice americana’.
Alla domanda fuori contesto sulla poesia dialettale che impèra nei piccoli paesi, palese è stato il suo diniego affermando che ’ fare poesia dialettale è come fare poesia su un binario morto’. Non è il caso di Gioacchino Belli che attraverso i suoi sonetti in dialetto romano comprensibili è riuscito, con spirito disincantato, a rappresentare le principali tematiche della quotidianità del tempo.‘
“La poesia c’è ancora: interessa un settore piuttosto ampio di scrittori ma non di lettori e non ci può essere una riforma del linguaggio poetico senza una riforma complessiva dell’assetto economico e politico della società italiana.”


