Navigando su Internet,sfogliando le pagine di riviste gastronomiche e turistiche,di pubblicazioni tematiche regionali,salta all’occhio con potenza la ricchezza del patrimonio dei prodotti tipici e tradizionali della nostra regione. Dai vini agli oli,dai dolci al pane,dai formaggi ai salumi,dal miele alle conserve. Recentemente alcuni GAL (Gruppo Azione Locale) regionali hanno organizzato corsi per formare Guide del gusto, nuove figure professionali,per promozionare questi prodotti e il territorio in partecipati educational,nelle fiere e manifestazioni in cui la gastronomia ed il turismo sono il tema dominante.Tutte iniziative lodevoli e meritorie. E’ giusto promuovere prodotti tradizionali e territorio ma altrettanto giusto e anche necessario fare di più per promuovere la produzione. E’ quello che si fa normalmente quando si lancia un prodotto; si stimola e incuriosisce il consumatore,come si dice in gergo marketing si crea la domanda e poi si lancia il prodotto sul mercato,il lancio ne presuppone la disponibilità per l’intero anno o per un dato periodo di tempo noto. Ma se si esclude il vino,comparto ben strutturato e con produzioni significative,per certi versi l’olio extravergine e il miele,ma non con lo stesso peso del settore enologico,gli altri prodotti rischiano di diventare solo virtuali,o oggetto di articoli su carta patinata Le produzioni che rischiano di scomparire e che meriterebbero pertanto un attento rilancio produttivo sono le carni, i formaggi,ma anche i salumi, così come la coltivazione di alcuni cereali utilizzati per produrre eccellenti prodotti da forno come ad esempio il grano duro Cappelli. Potrebbe essere una bella opportunità per giovani volenterosi ed intraprendenti (concedendosi una pausa nella ricerca del ‘posto fisso’ fn),attivando finanziamenti previsti dal piano di sviluppo rurale,usufruendo delle esperienze e delle conoscenze di cui il territorio è ricco,mettere in piedi piccole aziende zootecniche bovine,ovine,equine,suinicole,privilegiando razze autoctone. Dotandole di laboratori artigianali e locali di stagionatura per produrre carni,caciocavalli,caciotte,pecorini,ventricine,salsicce e servire un mercato che è già pronto a recepire prodotti tradizionali e genuini. Naturalmente per dare più forza all’offerta andrebbero individuati due tipi di allevamento a basso impatto ambientale,allo stato brado o semibrado,’en plen aire’,in cui gli animali possano poter vivere in libertà e quindi più sani e più idonei alle produzioni di qualità e che consentano ai produttori un reddito più adeguato,per dirla con Carlin Petrini, “produzioni buone,pulite e giuste”.Questo comporterebbe inoltre,dato che l’ubicazione ottimale di strutture sono l’alta colline e la montagna,anche la rivitalizzazione e la valorizzazione di zone interne,oggi in abbandono e soggetto a degrado.